Nei processi inerenti il risarcimento danni da circolazione stradale esiste un uso spropositato della consulenza tecnica, tesa all’accertamento della compatibilità e riferibilità dei danni al sinistro. Tale indagine viene estesa soprattutto laddove l’impresa assicuratrice non ha gestito il sinistro in sede amichevole, finendo sempre per premiare una inerzia stragiudiziale, piuttosto che perseguirla. La CTU, inoltre, non è un mezzo di prova, ma un mezzo di valutazione delle prove già acquisite al processo (Cass. Civ. Sez. Lav. 10 gennaio 1996 n. 132). Pertanto, l’auto del danneggiato non può essere messa a confronto con l’auto del responsabile se i danni di questi non solo non sono stati provati, ma neppure allegati dalla compagnia assicuratrice, costituitasi in giudizio come il commensale che non paga il conto. La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di aiutare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, pertanto il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati” (Cass. Civ. Sez. III 28 febbraio 2007 n. 4743). “La parte che denuncia la mancata ammissione della consulenza ha l’onere di precisare, sotto il profilo causale, come l’espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata, mentre al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative è consentito derogare unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche: in questo caso è consentito al c.t.u. anche acquisire ogni elementi necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere dalle medesime provati” (Cassazione civile , sez. III, 06 giugno 2003, n. 9060; Cass. Civ. Sez. III 16 maggio 2003 n. 7635; Cass. Civ. Sez. III 26 febbraio 2003 n.2887; Cass. Civ. Sez. III 31 luglio 2002 n. 11359; Cass. Civ. Sez. III 7 marzo 2001 n. 3343; Cass. Civ. Sez. Lav. 16 marzo 1996 n. 2205; Cass. Civ. Sez. III 13 ottobre 1986 n. 5990). L’impresa che non ha disposto alcun confronto fra le auto in sede amichevole non può chiedere che tale omissione di sua pertinenza possa essere supplita dal giudice, né può ritenere di aggravare l’onere probatorio del danneggiato il quale deve ancora una volta difendersi da un mezzo istruttorio senza nessuna necessità. Correttamente è disattesa dal giudice del merito l’istanza volta a sollecitare nuove indagini da parte del consulente tecnico d’ufficio a fini puramente esplorativi o comunque per colmare le carenze delle istanze istruttorie della parte istante” (Cass. Civ. Sez. III 18 aprile 2007 n. 9302; Cass. Civ. Sez. III 28 ottobre 2004 n. 20910; Cass. Civ. Sez. I 9 novembre 1981 n. 5914; Cass. Civ. Sez. III 10 novembre 1979 n. 5806). Nessuna esplorazione è quindi consentita dal legislatore nel processo. L’attore ha il dovere di precisare il contenuto della sua domanda, ma ha altresì il corrispondente di diritto di conoscere l’esatta argomentazione delle contestazioni perchè il processo ha delle precise regole e non costituisce una giungla da esplorare ovvero un’arena nella quale l’attore deve difendersi come un gladiatore dagli attacchi ad oltranza. L‘art. 148 del d.lgsl.209/2005 impone alla compagnia di “comunicare SPECIFICATAMENTE i motivi per i quali non ritiene di fare offerta”. Ritenere che i danni non siano compatibili è clasuola di stile che non esaudisce il criterio di specificità imposto dal legislatore. In altri termini, spesso e sovente l’impresa assicuratrice eccepisce la nullità della domanda (anche davanti al Giudice di Pace, ove il contenuto della stessa, ai sensi dell’art. 118 cpc, è più succinto) per lesione del diritto della difesa. Tale eccezione viene formulata anche quando non vi siano i benchè minimi presupposti per sostenere un tale rilievo. Di contro, il danneggiato ha il legittimo diritto di conoscere specificatamente in che cosa possa consistere la motivazione di non avere ottenuto offerta. A parere dello scrivente, l’impresa assicuratrice, al fine di ottenere dal giudice l’ammissione di un mezzo istruttorio che non è a sua disposizione, ma a disposizione del giudice, la CTU per l’appunto, deve prima aver indicato specificatamente all’attore e poi al giudice il motivo tecnico per cui il danno è incompatibile. In altri termini, non sarebbe possibile ottenere la CTU esplicando semplicemente che i danni sono incompatibili ovvero perchè “non è stato provato il nesso causale tra il fatto e i danni lamentati”, ovvero perchè “si nutrono seri dubbi sull’incidente”, ultime eccezioni di stile, molto di moda fra le imprese assicutartici. La compagnia deve esibire una perizia tecnica autorevole nella quale deve emergere la specificità di tale motivazione: ad esempio, il danno subito dall’auto dell’attore ha un altezza di 83 cm. mentre quello dell’auto dell’assicurato è pari a 75 cm., ovvero il danno dell’auto dell’attore è di assorbimento, contrariamente a quello di scorrimento che si dovrebbe riscontrare a seguito della sedicente manovra messa in atto dall’auto dell’assicurato, etc….. Solo in questi casi, avendo spiegato specificatamente all’attore prima, al giudice poi, il motivo tecnico per il quale intende non formulare offerta, il giudice potrebbe dare ingresso al suo mezzo istruttorio. Pertanto, la consulenza tecnica richiesta dalle imprese assicuratrici viene ammessa sistematicamente, senza considerare i presupposti passati in disamina e sovente si assiste al confronto diretto dei danni del veicolo del danneggiato con quelli del veicolo del responsabile, di cui non risultano né prove, né allegazioni da parte dell’impresa stessa, con gravissima violazione delle regole del contraddittorio e del principio della difesa. Proviamo ad immaginare se nel frattempo, il veicolo del responsabile, che partecipi alle operazioni peritali, abbia subito un altro danno sulla stessa parte del veicolo ove sono ubicati i danni per cui si discute nella causa. Il danneggiato avrebbe ottime possibilità di perdere il giudizio per confusione degli stessi e conseguente incompatibilità!