Cassazione Civile Sez. III 13 aprile 2018 n. 9178: relazione affettiva e assunzione di diritti ed obblighi prevalgono sulla coabitazione.
Il fatto.
A causa della morte per caduta da ascensore, il compagno della vittima richiedeva il risarcimento del danno da uccisione per morte del congiunto. In primo e secondo grado, la domanda veniva respinta e veniva proposta impugnazione in Cassazione.
La decisione.
La Suprema Corte ha negli anni elaborato una nozione di famiglia di fatto, o di convivenza tutelabile, all’interno della quale, all’elemento soggettivo della relazione affettiva stabile, si accompagni l’elemento oggettivo della reciproca e spontanea assunzione di diritti ed obblighi.
La Cassazione aveva già affermato che “il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito concretatosi in un evento mortale va riconosciuto – con riguardo sia al danno morale, sia a quello patrimoniale, che presuppone, peraltro, la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato – anche al convivente more uxorio del defunto stesso, quando risulti dimostrata tale relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale (a tal fine non sono sufficienti né le dichiarazioni rese dagli interessati per la formazione di un atto di notorietà, né le indicazioni dai medesimi fornite alla P.A. per fini anagrafici)” (Cass. n. 23725 del 2008).
In altri casi, ha affermato che “il risarcimento del danno da uccisione di un prossimo congiunto spetta non soltanto ai membri della famiglia legittima della vittima, ma anche a quelli della famiglia naturale, come il convivente more uxorio ed il figlio naturale non riconosciuto, a condizione che gli interessati dimostrino la sussistenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra essi e la vittima assimilabile al rapporto coniugale” (Cass. n. 12278 del 2011).
La coabitazione è stata finora indicata come un indice rilevante e ricorrente dell’esistenza di una famiglia di fatto; tuttavia – questa è la portata se non innovativa, almeno chiarificatrice della sentenza – “non è stato peraltro ritenuto un elemento imprescindibile, la cui mancanza, di per sé, fosse determinante al fine di escludere la configurabilità della convivenza”. Il fattore coabitazione è destinato ad assumere ormai un rilievo recessivo rispetto al passato. Diversi i fattori: circostanze economiche, accudire le persone del proprio nucleo familiare, mercato del lavoro. A ciò si aggiunga, come ulteriore componente di cambiamento del modo di vivere e di concepire sia i rapporti sociali in generale che le relazioni interpersonali, la maggiore facilità ed economicità sia dei contatti telefonici e a video che dei trasporti. Tutti questi fattori di un cambiamento sociale che è ormai verificato nella società comportano che si instaurino e si mantengano rapporti affettivi stabili a distanza con frequenza molto maggiore che in passato e devono indurre a ripensare al concetto stesso di convivenza, la cui essenza non può appiattirsi sulla coabitazione.
Esistono anche realtà in cui le famiglie, siano esse di fatto o fondate sul matrimonio, si formano senza avere neppure, per un periodo di tempo più o meno lungo, una casa comune, intesa come casa dove si svolge la vita della famiglia, in quanto ognuno dei due partners è tenuto per i propri impegni professionali o per particolari esigenze personali, a vivere o a trascorrere la gran parte della settimana o del mese in un luogo diverso dall’altro.
Alla luce di tutti questi elementi, secondo la Corte, non ha più alcun senso appiattire la nozione di convivenza sulla esistenza di una coabitazione costante tra i partners. La nozione di convivenza di fatto trova ora il suo supporto normativo nella legge n. 76 del 2016, che, all’art. 1, definisce i conviventi di fatto come due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile, individuando sempre l’elemento spirituale, il legame affettivo, materiale o di stabilità, la reciproca assistenza morale e materiale, fondati non sul vincolo coniugale e sugli obblighi giuridici che ne scaturiscono, ma sull’assunzione volontaria di un impegno reciproco.
Avv. Carmine Lattarulo ©
Risarcibile il danno da uccisione al partner non convivente
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