Cassazione Civile Sezione III 30 luglio 2015 n. 16197. Le tabelle elaborate dalle Corti svolgono indubbiamente un’utile funzione al fine di evitare eccessive disparità di trattamento e di garantire un certo grado di certezza e di prevedibilità delle decisioni, in una materia in cui non esistono parametri obiettivi di valutazione. Esse offrono, tuttavia, criteri meramente indicativi di valutazione e debbono essere sempre attentamente calibrate con riguardo alle peculiarità del caso, soprattutto quando il mutamento dei criteri giurisprudenziali di valutazione sia sopravvenuto in corso di causa. Le tabelle del Tribunale di Milano non hanno cancellato il danno morale per riassorbirlo nel danno biologico, ma hanno provveduto ad una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale derivante da lesione permanente all’integrità psicofisica e del danno non patrimoniale derivante dalla stessa lesione in termini di dolore e sofferenza soggettiva; che la fattispecie del danno morale, da intendersi come “voce” integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale, trova conferma e rinnovata espressione in recenti interventi normativi, quali il D.P.R. 3 marzo 2009 n. 37 e il D.P.R. 30 ottobre 2009 n. 18 [rispettivamente per gli indennizzi dei militari nelle missioni all’estero (vittime ad esempio dell’uranio impoverito) e per le vittime del terrorismo] che distinguono, concettualmente ancor prima che giuridicamente, tra la “voce” di danno c.d. biologico e la “voce” di danno morale; che da tale distinzione il giudice del merito non può prescindere, trovando essa la sua giustificazione in una fonte abilitata a produrre diritto (Cass. civ. Sez. III 12 settembre 2011 n. 18641; Cass. civ. Sez. III 12 dicembre 2008 n. 20191, che parimenti esclude l’applicabilità di meccanismi semplificativi di liquidazione di tipo automatico, tramite la rigida quantificazione del danno morale in una quota minore e proporzionale del danno alla salute). Anche di recente si è ribadito che il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente, non solo in forza di quanto normativamente stabilito dall’art. 5, lettera c) , D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37, ma in ragione della differenza ontologica fra le due voci di danno, che corrispondono a due momenti essenziali della sofferenza dell’individuo: il dolore interiore e la significativa alterazione della vita quotidiana (Cass. civ. Sez. 3, 3 ottobre 2013 n. 22585; Cass. civ. Sez. Lav. 16 ottobre 2014 n. 21917). In sintesi, le tabelle di liquidazione offrono i parametri di base ai quali attenersi, in vista di valutazioni tendenzialmente unitarie; ma l’esigenza dell’integrale e adeguato risarcimento dei danni impedisce di attribuire loro efficacia vincolante e inderogabile ed impone di valutarne l’adeguatezza ad assicurare al danneggiato l’integrale risarcimento, tenuto conto delle peculiarità del caso.
Avv. Carmine Lattarulo