Cassazione civile sez. III 2 luglio 2025 n. 17980: non occorre la dimostrazione che le fiamme abbiano avuto in tale “res” il loro innesco, essendo sufficiente che essa abbia “contribuito concausalmente” alla loro diffusione.
La questione.
Per ottenere un risarcimento dei danni da incendio propagatosi per corto circuito, è necessario dimostrare che le fiamme si siano innescate dal veicolo del responsabile oppure è sufficiente che da quest’ultimo veicolo si siano soltanto propagate concausalmente?
La decisione.
In caso di danni da cosa in custodia incendiatasi, non occorre la dimostrazione che le fiamme abbiano avuto in tale “res” il loro innesco, essendo sufficiente che essa abbia “contribuito concausalmente” alla loro diffusione.
Il custode, cioè il proprietario del veicolo dal quale le fiamme si sono propagate concausalmente, può fornire la prova liberatoria del “caso fortuito”, che può essere costituita, oltre che da un fattore esterno che interviene sulla partecipazione della cosa all’evento, assorbendone interamente la causalità, anche dalla condotta di un terzo o dello stesso danneggiato.
La causa ignota dello sviluppo dell’incendio resta a carico del custode (cfr. Cass. Sez. 3, sent. n. 9404 del 1997, Cass. Sez. 3, sent. 12 novembre 2009, n. 23945).
Qualora l’evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, si devono applicare i criteri della “probabilità prevalente” e del “più probabile che non”; pertanto, il giudice è tenuto, dapprima, a eliminare, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili, poi, ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili e, infine, a scegliere tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo così la veste di probabilità prevalente (cfr Cass. Sez. 3, sent. n. 10978 del 2023, Cass. Sez. 3, sent. n. 25886 del 2 settembre 2022).
Avv. Carmine Lattarulo ©
